Tommi Space

Che palle Instagram

Stamattina presto continuavo a rigirarmi nel letto e non trovavo pace. Un po’ come Zeno, che, seppur consapevole della sua assurdità, soffre disperatamente di una malattia ‘immaginaria’, forse unicamente frutto della sua fantasia. Se però nel suo caso distrazioni di carattere amoroso e, come noi diremmo, trip mentali assurdi lo distraevano dal suo dolore, nel mio caso -e, credo, nel nostro- sono quelle che in fondo mancano e quelle che noi riteniamo distrazioni se non proprio la causa, sono ciò che più enfatizza la nostra sofferenza.

una specie di stupido flowchart a spiegazione della mia scelta

Non nego, anche se io stesso me ne stupisco, che sto convivendo da qualche giorno con la grandissima delusione di esser stato bocciato all’esame di teoria della patente. Sto dunque vivendo un po’ nel limbo: non concludo quasi nulla, sono assonnato, debole e deluso. È inevitabile dunque rifugiarsi nell’ozio e nella nullafacenza, particolarmente nocivi in questo caso perché nel ventunesimo secolo corrispondono con lo scrollare il feed di instagram.

Giungo dunque al punto, che vuole essere la motivazione della mia astensione da instagram per un po’; sono diventato una bambolina, un omino di didò che prende la forma di chi lo modella. A modellarmi è il continuo ricevere surrogati di informazioni, l’aggiornare continuamente lo schermo vedendo che succede. Dico surrogati perché in realtà non ottengo nulla; tutti voi potete realizzare, come io ora mi sono accorto, che vediamo centinaia di foto al giorno ma leggiamo solo una didascalia su dieci. Questo è sintomatico di quanto non riceviamo effettivamente stimoli, ma finti input che ci fanno credere di acquisire qualcosa, ma, una volta spento lo schermo del telefono, non cambia nulla. Così i miei muscoli si sono atrofizzati, le meningi non si spremono più, sono in grado unicamente di ricevere e incapace di produrre qualunque cosa.

Utilizzare frequentemente instagram o facebook (per me vale solo per questi due) porta ad una pseudo-iperattività dovuta all’enorme numero di possibilità: siamo noi che decidiamo cosa cercare, siamo noi a decidere di commentare o a mettere like. Perché allora io credo che noi tutti siamo vittime dei social? Perché, a parte l’esagerata influenza che hanno sulla nostra routine, pensiamo in funzione dei loro schemi. Anche sui social ci sono delle regole, delle impostazioni, dei canoni; noi siamo inevitabilmente costretti a seguirli e ci ritroviamo nell’incapacità di pensare al di fuori di quegli schemi. Per fare un esempio relativamente poco pertinente ma lampante, è impensabile fare uscire un video su Vimeo e non su YouTube, perché lì si fanno più views… ah, è vero! Sono le views che dicono quanto è bello, quanto è quotato, quanto è scandalosamente in tendenza un contenuto! Maaaa WHAT?

È davvero inaudito questo metro di valutazione. Totalmente fuorviante. Se esiste qualcosa che distrugge la qualità delle produzioni indipendenti fatte con tanto sudore, studio e cuore è proprio questo luogo comune ignorante che sono le views ciò che conta. Mi fermo qui che è meglio.

Tornando all’annichilimento che i social ci provocano, ci sono centinaia di migliaia di polemiche su diverse sfaccettature dei social: dagli algoritmi creati apposta per far fare più soldi a chi ne ha già troppi, cervelli mangiati di bloggers invisibili al mondo ma prigionieri di una falsa fama che li tiene incollati al telefono, cyberbulli, amicizie online, bambini rimbambiti dai giochini e via dicendo.

Mi sento però in dovere di condividere alcuni articoli invece non polemici che non solo mi hanno messo la pulce nell’orecchio fino a decidermi ad un periodo di pausa, ma danno una grandissima ispirazione ed espongono molto meglio di quanto io possa riuscire la gigantesca e preoccupante entità del problema.

ONE.

Per prima condivido qui la breve lettera di Michele Ferrari, mio mentore e fondatore di Radioimmaginaria, su Avvenire dell’11 settembre 2018:

Non so quanto sia corretto pubblicare uno screenshot, però Mic mi ha dato il permesso e tutta la mia famiglia è abbonata ad Avvenire quindi se a Marco Tarquinio capiterà di leggere -comunque assai improbabile- gli chiedo di chiudere un occhio e ricordarsi delle belle foto che ho fatto per la festa di Avvenire l’anno scorso a Ventimiglia…

Articolo di Michele Ferrari su Avvenire

Io da poco, ahimé, ho deciso di abbandonare Radioimmaginaria per cominciare nuove avventure, ma sono cresciuto molto grazie al progetto e quello che dice Mic è troppo vero. Assolutamente bisogna ascoltare e girare un po’ su Radioimmaginaria per capire quanto, anche senza social, si possa fare sul serio.

TWO.

Per secondo consiglio questa guida su Wired, che approfondisce con dati e testimonianze tutta la questione della Smartphone Addiction; da leggere per vederci chiaro e comprendere come le compagnie ci studiano per ottenere da noi il massimo profitto. Giusto per dare un’idea, in una parte dell’articolo Steve Jobs dichiara di non permettere ai suoi figli di utilizzare gli iPad da lui stesso concepiti. Mind-blowing.

THREE.

Una foto di me con Giuseppe Montesano
io e il grande Giuseppe Montesano al Salone del Libro di Torino 2018 (non mi assumo nessuna responsabilità sullo stato dei miei capelli)

Per concludere, cito un passo di uno dei miei libri preferiti, che VA LETTO assolutamente se si vuole almeno provare a diventare persone serie: Come diventare Vivi - Vademecum per lettori selvaggi di Giuseppe Montesano che, oltre ad essere scrittore, è un prof. di filosofia ed io ho avuto il piacere di conoscerlo al Salone del Libro di Torino lo scorso maggio. Approfitto di questa parentesi per salutarlo e ringraziarlo per essere stato l’unico ad avermi convinto a terminare Delitto e Castigo di Dostoevskij, che all’inizio mi ha fatto impazzire e lo avrei subito abbandonato, altrimenti.

la scansione di due pagine di Come diventare Vivi - Vademecum per lettori selvaggi di Giuseppe Montesano
Due pagine di Come diventare Vivi - Vademecum per lettori selvaggi di Giuseppe Montesano

Direi che ho abbastanza rotto le scatole e che posso finirla qui, ma prima devo ammettere che nel mio caso c’è un’ulteriore dipendenza, quella di condividere momenti e sparare cavolate ridicole facendo le storie, dunque da ora farò tutto su Twitter, dove l’inquinamento della mente è minore, e qui sul blog; di certo non riesco a smettere, tanto raccontare stupidaggini male non fa (a me) ahaha.

Un bacio, condividete con più persone possibili, ditemi cosa ne pensate, discutiamone, pensiamoci! È davvero demoralizzante impegnarsi a scrivere tutte queste cose e metterci tutto te stesso e poi ti dicono che bello Tommi, sei proprio bravo!

ok, grazie, però sarei quasi più felice se dite che non siete d’accordo e che faccio cagare (che poi è vero)

ROCK AND ROLL, CIAO!

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