
Il muto respiro dei libri penetra l’atmosfera della maestosa soffitta in cui il nostro pensiero fluttua, impregnandosi per osmosi di una sublime curiosità alla quale neppur nolenti sapremmo sfuggire. Non è vero, nota Margherita, in realtà le sfuggiamo troppo spesso: la nostra cupidigia gnoseologica non è stabile, ma un continuo oscillare, o meglio un vibrare, poiché siamo perennemente tesi nel desiderio di conoscenza che riconosciamo essere insaziabile.
Zattere così galleggia, trasportando i propri Curiosi Corsari verso la remota bramata Consapevolezza di ciò che sono e dell’Universo in cui abitano. A differenza dei nostri complementari complici che abitano l’aula verde a qualche centinaio di chilometri da qui, se rimanessimo bloccati qui non ce ne accorgeremmo: il nostro corale peregrinare intellettuale va ben oltre la contingenza fisica in cui siamo intrappolati. Sogniamo della vita così intensamente da dimenticare che stiamo vivendo e
nel momento in cui un’esigenza fisiologica ci riporta alla realtà, costringendoci a muoverci verso la toilette, finalmente possiamo accorgerci della bellezza che ci circonda.
Siamo Belli, belli e forti della nostra ignoranza non indolente, armata fino ai denti di un desiderio di scoperta e speranza, siamo e non sono, perché non ci preoccupiamo di cosa voglio ma di cosa vogliamo. Viviamo e studiamo e viviamo riscaldati dal respiro muto dei libri, in una mutuale ricerca della Consapevolezza, quella dannata, che—fatta eccezione per Giulio e Salvatore residenti in Campo Santa Margherita sopra il Fontego urlate CUMPÀ
sotto la loro finestra e vi accoglieranno ben lieti di spiegarvi perché sono un’eccezione (parleranno di neuroscienza e biologia e DARWIN, ermeneuticamente parlando)—dannatissima, dicevamo, più cerchiamo e meno troviamo.

Reciprocamente ci stimoliamo scontrandoci in agguerrite rispettose conversazioni che raramente non mutano in metafisiche e riescono a concludersi entro poche decine di minuti. Ci nutriamo di Relazioni e di Spritz di Spritz e di Relazioni, che esordiscono ma non si limitano ad un incontro fortuito, ah ciao tu sei l’amico del coinquilino di Genoveffa ci siamo beccati due sere fa al Morion, ma si intrecciano e si ritrovano continuamente, infittendo sempre di più il tessuto di quel caldo maglione che Venezia indossa quando si colora di vita.
Non trascorriamo le nostre intere giornate a studiare, ma quello che studiamo ci accompagna secondo per secondo minuto per minuto nella nostra vita e non esiste un antidoto per guarirci dal restless cogitating’, cous cous con Aristotele, colazione con Marx, tisana con Kuhn e un paio di Negroni naturalmente con Pasolini. Proprio lui, lo renderemmo fiero, il Corsaro Capo, rifiutando e fuggendo dall’edonismo pragmatico
, aspirando alla Curiosa Consapevolezza di chi intende Conoscere senza secondi fini.
Non siamo pirati, ma Corsari: deprediamo le navi dei vigliacchi egoisti indifferenti sventolando la nostra bandiera del pluralismo costruito con l’impegno, la dedizione, lo studio, l’amore—inutile proseguire la lista di sostantivi tremendamente cliché, seppur funzionali a questo anelito dialettico di positività e wholesomeness.
Sogniamo e dialoghiamo e dialogando esploriamo ed esplorando inciampiamo e inciampando cambiamo idea ma cambiando idea siamo sempre gioiosi di essere noi, una inarrestabile ciurma che fa delle individuali finitezza e insufficienza la propria più grande e imbattibile forza da Curiosi Corsari Consapevoli—nel mar dei Sargassi nella laguna veneta sopra una zattera fatta di assi dentro a Zattere come dei matti.

Ho genuinamente sofferto l’abbandono del mio tanto amato Poli,
ho fortemente dubitato e continuo meno frequentemente a dubitare della mia scelta,
ho dovuto aspettare due anni prima di trovare la forza ed il coraggio di diventare orgoglioso e soddisfatto di essere qui, studiare questo, con queste persone.
Devo ringraziare di cuore la dolce Margherita, a cui tornando dal bagno ho detto è bellissimo. È bellissimo vederci qui, insieme
, per aver saputo rispondere: avevi scritto la stessa cosa per il Politecnico
, facendomi rendere conto che è il momento di scrivere la versione veneziana de L’Avanguardia
(tendo ad arrogarmi diritti platonici, mettendo in bocca di altri quello che voglio dire io, ma non in questo caso).
È difficile raccontare in modo astratto romanzato pressoché vaneggiante il feeling dell’essere a Zattere a studiare senza aggiungere qualche paragrafo sul PISE, il più vituperato corso di laurea a Ca’ Foscari, nonché la mia facoltà; a tempo debito (magari post-lauream, se ci arriveremo), con la giusta ispirazione, pubblicherò anche la mia filosofia sull’approccio a questo corso particolare ma favoloso—se preso per il verso giusto.


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